Una lunga chiacchierata con un pescatore “d’altri tempi”, non per la sua anagrafe, classe 1953, ma perchè Valerio Tubertini è il classico esempio di quella scuola bolognese che, nata dalle pescate sul fiume, ha poi segnato tante belle pagine dell’agonismo italiano.
Valerio, ex litografo ora in pensione, nativo di Anzola Emilia, alle porte di Bologna, una carriera scolastica non lunga ma una passionaccia per la pesca di lunghissima data, proprio la scorsa settimana ha collocato nel suo palmares personale il Minerva Day 2016, la gara d’apertura di stagione che la storica Società Minerva RossoBlu68 Team Bazza organizza ogni anno per radunare tutti i suoi agonisti ed iniziare a scaldare i motori per gli impegni di calendario ormai alle porte.
Come dicevo, Valerio Tubertini, figlio d’arte, è nato pescatore di cavedani e barbi e tutt’oggi queste sono le specie che ama insidiare per passione; ma, negli anni, Valerio ha affinato la propria vena agonistica sulle specie “da gara” come le alborelle o i carassi e, di recente, le breme.
Com’è stata, Valerio, la tua gara in questo Minerva Day 2016?
“Ti anticipo subito che il sorteggio mi ha aiutato destinandomi all’esterno di campo verSo la strada, un picchetto certamente favorevole, anche se all’inizio ho penato non poco ad inquadrare la pescata, nonostante fossi già capitato in quel picchetto nella Coppa d’Inverno ma non come esterno. In quell’occasione, era a coppie, vincemmo bene e con una bella pescata di carpe; sabato scorso, invece, sondando ho trovato un fondo un po’ limaccioso che non mi faceva presagire nulla di buono, quindi sono partito ad 11,50 pensando che essere esterno mi potesse favorire con una pescata un po’ più corta; avevo preparato anche una lenza con un filo più robusto del classico 0.10, pensando come probabile l’incontro con delle carpe. Volevo preparare anche una lenza per tentare a galla i carassi ma nel predisporla mi si è rotto il filo e quindi vi ho rinunciato. Purtroppo per quasi tutta la prima ora non ho preso quasi nulla mentre attorno qualcosa prendevano tutti. Allora mi sono portato a 13 metri, appoggiando l’esca di un paio di centimetri ma continuando a pasturare ad 11,50 ed ho cominciato a vedere qualche segno con qualche cattura di carassi. Ma non erano mangiate decise, capivo che c’era qualcosa che non era a posto, slamavo dei pesci… Considera che il meteo era brutto e stavo usando una lenza da mezzo grammo per gestirla meglio. A questo punto ho cambiato ed ho scelto di tentare con la lenza più leggera, quella da 0.20 grammi. Presentando l’esca più lentamente, in calata, accompagnandola con la cima della Hexagon, dopo un paio di calate ho visto il primo segno, a mezz’acqua, un bel carassio che era rimasto ingannato dall’amo piccolo e dal bigattino appena puntato. A questo punto ho aperto maggiormente la spallinata per addolcire ancora di più il lavoro del’esca, sempre tenendo con cura e ad ogni passata il galleggiante, un K12 Team Bazza da 0.20 grammi, per me il non plus ultra per presentare l’esca in calata, un classico bigattino appuntato su di un K1 Team Bazza del 20. La difficoltà di questa tipologia di pesca è quella di avere sempre il massimo contatto con l’amo innescato, che deve scendere verso il fondo in modo naturale ma controllato. E’ una classica azione da fiume, per intenderci, e l’acqua che muoveva a causa del vento riproduceva quasi le condizioni di una passata moderata, la pescata che mi piace più di tutti!
In questo modo ho iniziato a prendere dei carassi difficili, leggermente staccati dal fondo, che hanno mangiato con una certa regolarità fino quasi alla fine e mi hanno portato in dote la vittoria assoluta con oltre 9,5 chili di peso.”
Iniziare la stagione con un assoluto è certamente ben augurante per i prossimi impegni! Tu quale campionato farai con la maglia della Minerva RossoBlu68 Team Bazza?
“Come al solito io sono a disposizione della Società e quest’anno sarA? in pista nel Regionale che inizierà il primo di maggio. TornerA? in squadra con il mio grande amico Vignudelli Stefano, con il quale negli anni ’80 arrivammo a conquistare il Trofeo d’Eccellenza con la Lavino di Mezzo , Società nella quale ho militato prima di approdare alla Minerva, oltre vent’anni orsono. La Società quest’anno ci ha “affidato” due ragazzi giovani, Federico Franchini e Luca Dolci, riminesi, che vestono i nostri colori per la prima volta: hanno grande entusiasmo ma sono alla prima esperienza agonistica a questo livello e cercheremo di offrire loro la nostra esperienza per conquistare una salvezza tranquilla, magari cercando di toglierci qualche soddisfazione!”
Dal punto di vista sportivo, come ti consideri: un uomo da squadra o un individualista?
“Sicuramente un individualista. Da ragazzo ho gareggiato in atletica leggera e facevo specialità individuali. Io non amo il calcio, ad esempio, o gli sport di squadra. La natura mi ha dato anche dei notevoli mezzi fisici fin da ragazzo e questa mia forza mi ha fatto primeggiare in diverse occasioni. Ricordo di aver visto Dionisi, famoso atleta azzurro, saltare con l’asta e mi misi anch’io ad imitarlo con una bastone. Di là a poco feci il record italiano ragazzi della specialità solo sfruttando i miei mezzi fisici. Poi mi strappai il muscolo di una gamba e smisi. Da ragazzino facevo anche lancio del peso, del disco, il giavellotto… Nel nuoto non ho mai perso da nessuno ed ho battuto anche atleti che si allenavano regolarmente, mentre la mia palestra era il torrente Samoggia (allora c’era l’acqua…), vicino a casa. La mia forza fisica mi ha sempre aiutato molto nella vita e negli sport che ho fatto. Per me maneggiare una 12 metri fissa o certi modelli di roubaisienne di una volta non° è mai stato un problema e il mio soprannome di “fisico” credo lo dimostri, anche se oggi la carta d’identità comincia ad avere la sua influenza!”
Visto che hai accennato al passato, vogliamo parlare un po’ della tua carriera agonistica?
“Come tanti allora, ho iniziato con mio padre, che mi portava con se sul fiume a pescare a bolognese. Poteva essere il Samoggia dietro casa o il Reno, fino al Taro o al Po, la nostra pescata era quasi sempre gambe a mollo con gli stivali a coscia e con una bolognese a pescare in passata. Potevano esserci delle varianti ma la sostanza era questa. Ricordo ancora le cose incredibili di quei tempi, come andare in due a pescare in Metauro, a 150 km da casa, con la Lambretta!
Diciamo che sono nato pescando i famosi pesci “dalla bocca larga” come si dice da noi per indicare i cavedani, pesci difficili e sempre più smaliziati che mi hanno portato ad affinare una tecnica che, ancora oggi, è spesso la base delle mie pescate e gare. Le mie prime gare le ho fatte con la maglia della SPS Anzola Emilia, una delle due Società del paese, piuttosto importante negli anni ’70. In quegli anni io usavo prevalentemente la bolognese, come ti dicevo; in seguito, quando mi sono reso conto, entrando in contatto con agonisti che andavano per la maggiore allora, che la pesca all’alborella era quella che pagava di più in termini di risultato, mi sono attrezzato ed ho iniziato ad allenarmi con costanza. Sin dai tempi dell’apertura del negozio di Luciano Bazza, nel ’79, mi avvicinai a questa tecnica per migliorare. Da Luciano giravano tantissimi nomi importanti dell’agonismo bolognese e non solo e qui si poteva carpire qualche piccolo segreto, qualche sfumatura di quella affascinante specialità che era la pesca all’alborella, oltre a trovare attrezzi ed esche di alto livello, per i quali Bazza fu da subito molto famoso nell’ambiente…
Ricordi la tua prima gara?
“Pescavo con l’Anzola Emilia ed esordii in una gara in Cavo Napoleonico, in provincia di Ferrara, e ricordo che vinsi il settore!”
Poi arrivasti alla Lavino di Mezzo…
“Si. Dopo alcune stagioni con l’Anzola, che faceva poca attività extra sociale, avevo voglia di confrontarmi con un livello differente, volevo crescere perchè l’agonismo mi prendeva moltissimo. Alla Lavino di Mezzo entrai in contatto con agonisti di ottimo livello, iniziai a frequentare, come ti ho detto, il negozio di Luciano ed iniziai a fare gare di alto profilo come lo Zonale, anticamera del mitico Trofeo d’Eccellenza, un autentico traguardo, a quei tempi. In quegli anni conobbi Stefano Vignudelli, con il quale nacque subito una bella amicizia ed una sana rivalità sportiva che dura tutt’oggi. Con Stefano si instaurA? un bel rapporto che ci portA? a crescere molto, sportivamente e tecnicamente, tanto da arrivare a guadagnarci l’accesso al Trofeo d’Eccellenza con i colori della Lavino di Mezzo. Erano gli anni’80, il periodo a mio avviso di massimo splendore del nostro sport, e di massima difficoltà perchè la concorrenza era veramente tanta, agguerrita e tecnicamente evoluta, quindi arrivare a disputare l’Eccellenza per promozione era veramente un miraggio per tanti. Ricordo che in quell’anno, direi l’89, disputai anche l’Italiano individuale, un Italiano particolarmente sfortunato per me, con una seconda prova in Arno, campo di gara che amavo moltissimo e nel quale mi sono tolto tantissime soddisfazioni perchè c’era una pesca a me molto congeniale, che mi è rimasta impressa per una sequenza di episodi particolari. Dapprima attaccai una grossa carpa con una “barbara” (una canna fissa particolare, a filo interno, dotata di un piccolo raccoglifilo) da sei metri che portai quasi a guadino fino a quando non si creo un piccolo nodo nell’imbocco del filo interno che non mi permetteva di avvicinarla e la persi. Solo con quel pesce avrei potuto finire la mia gara ed avrei vinto. In seguito attaccai ancora un paio di carpe ed una grossa anguilla che persi ancora, questa volta a roubaisienne. Uscii dall’Italiano in questo modo. Tornato a casa, per sfogarmi andai in moto a vedere mio figlio che giocava a basket vicino a casa; al rientro ebbi un incidente nel quale mi spezzai un braccio! Quando si dice la sfi….”
Una giornata indimenticabile, direi ! E alla Minerva quando ci sei arrivato?
“L’anno seguente direi. Quello fu un altro traguardo, perchè già allora la Minerva era una delle Società più blasonate di Bologna, con tantissimi bei nomi dell’agonismo italiano. In quegli anni mi resi conto che se avessi voluto fare un salto di qualità ulteriore, avrei dovuto dedicare ancora maggior tempo alla pesca e alla preparazione, cose imprescindibili per migliorare. Maggior tempo per la pesca e la preparazione, perA?, volevano dire sacrificarlo alla famiglia e al lavoro e quello fu un prezzo che io non ho mai voluto pagare. A quei tempi si lavorava fino al venerdì sera, a volte il sabato, e i miei allenamenti li facevo spesso la sera, in estate, al rientro dal lavoro, nei laghetti della zona. Era il massimo che mi potevo concedere; nonostante questo, molte soddisfazioni me le sono tolte ugualmente, anche a quel livello. Sempre in quell’anno di Eccellenza, mi ricordo di una bella gara in Fiuma che vincemmo a pari merito con 5 penalità, tra le quali il mio secondo per 50 grammi, nonostante mi fossi appena tolto il gesso dopo l’incidente in moto. Ricordo che portai con me mio figlio per cambiare le marce della macchina. Bei ricordi…”
La vittoria o la gara che ricordi con maggior piacere, Valerio…
“Mi ricordo di una bella gara a Peschiera, in Eccellenza, nella quale feci solo il quarto ma con una pescata da 550 grammi di minuscole codine rosse catturate con la 8 metri fissa. In quell’occasione persi da alcuni mostri sacri di Peschiera come Faccioli ed Agnoli, che avevano trovato un pesce di taglia. Fu una bella soddisfazione nonostante non abbia vinto, per le difficoltà che superai. Anche in Lemene, dove si disputavano belle gare invernali pescando i triotti con le fisse lunghe, mi sono tolto diverse soddisfazioni, così come nel Navigabile del Brenta, altro posto da canne fisse lunghe, dove si pescavano triotti ma anche cavedani, i miei pesci! Belle gare a cavedani le ricordo a Pozzolo, sulle sponde cementate dello Scolmatore del Mincio, campo di gara difficilissimo che non si frequenta più ma sempre molto affascinante…”
Negli ultimi anni hai accorciato un po’ il tuo raggio d’azione…
“Sono cambiati i tempi ed i campi di gara, ed anch’io naturalmente! Da qualche anno mi alterno tra Promozionale e Regionale e resto nei campi gara della zona ma qualche soddisfazione arriva ancora. Lo scorso anno, proprio con Luciano Bazza, Pietro Ridolfi e Stefano Borsari abbiamo vinto il Trofeo dell’Unità, una gara storica che non ha più il fascino di un tempo ma che resta sempre una gara prestigiosa. Per me è stata la seconda volta dopo l’edizione del ’87 o ’88, quando ancora ero alla Lavino di Mezzo con Vignudelli e compagni. Eravamo ad Ostellato ed era ancora una gara da circa 800 persone. Ripeto, se penso a quanto ho investito in termini di tempo nella mia carriera agonistica mi ritengo soddisfatto; certamente tanti hanno ottenuto di più ma molti di questi vi hanno dedicato molto più tempo e risorse di me, magari sacrificando lavoro e famiglia, alla pesca. Io questo non l’ho mai voluto fare e ne sono contento.”
Facciamo finta che per i prossimi sei mesi tu non possa andare a pescare che una sola volta, a tua scelta. Dove sceglieresti di andare?
“Ultimamente mi sono divertito molto in Taro, a pescare i barbi, e credo che sceglierei proprio quel posto. Una bella pescata vecchia maniera, gambe a mollo e bolognese, come facevo un tempo.”
Chiudiamo con un pensiero per la Minerva RossoBlu68, la Società della quale ormai sei uno dei veterani, visto il tuo quarto di secolo di militanza…
“La Minerva è una Società nella quale mi trovo molto bene, grazie alla quale ho potuto gareggiare anche ad alto livello e nella quale ho trovato tanti amici. Ormai sono uno dei Soci più anziani ed in questi anni ho portato a vestire questi colori anche diversi bravi agonisti. Voglio ringraziare anche lo sponsor Bazza per quello che ha fatto per la Società in tutti questi anni .”
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